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dal 28 Marzo al 4 Aprile 2010

9a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

L'ARGOMENTO DI OGGI

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Telefonata del premier in

diretta, dopo gli interventi di Bindi e Casini

"Da quando sono entrato in politica bel 109 magistrati si sono occupati di me"

Berlusconi a sorpresa a Ballarò

"Mills? I giudici sono comunisti"

"Dalla sinistra calunnie e falsità, disdicevole comportamento della tv pubblica"

"Video con Marrazzo, quando l'ho saputo l'ho lasciato libero di scegliere"

2009-10-28

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L'ARGOMENTO DI OGGI

 

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2009-10-29

"I tribunali non sono sezioni di partito"

L'Anm dopo le dichiarazioni del premier a Ballarò: "Parole ridicole, non le merita nessun ufficio giudiziario"

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NOTIZIE CORRELATE

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VIDEO-Il telefonista, l'ultima forma di persuasore in tv

Un momento della trasmissione di Ballarò di martedì scorso (Ansa)

Un momento della trasmissione di Ballarò di martedì scorso (Ansa)

MILANO - "Ogni occasione sembra buona per denigrare l'ordine giudiziario e descrivere i palazzi di giustizia come sezioni di partito, frequentate da magistrati militanti. Nessun ufficio giudiziario merita queste infondate e ridicole definizioni, tanto meno quello di Milano". È duro il commento dell'Associazione nazionale dei magistrati che in una nota replica alle accuse mosse alle toghe di Milano dal premier Silvio Berlusconi. Anche se nulla di ufficiale è ancora deciso, intanto, è probabile che il nuovo scontro sulla giustizia porti ad uno sciopero dei magistrati.

BALLARO' - In un attacco a tutto campo ai giudici durante una telefonata a Ballarò, il premier ha accusato in particolare "i pm comunisti che sono la vera opposizione nel nostro Paese". Parole che non sono andate giù al sindacato delle toghe. "Da Milano, e dall'intero Paese, la magistratura ribadisce che intende continuare a vestire solo la toga e a rispondere solo alla legge. In primis alla Costituzione" si legge in un documento redatto dall'Anm che è dedicato alle assemblee di protesta che si terranno giovedì in tutta Italia. Le assemblee, spiega la giunta, "nascono dalla profonda e sincera preoccupazione per i continui tentativi di delegittimare e intimidire sia la giurisdizione nel suo complesso, sia i singoli magistrati in relazione a processi specifici o in ragione delle sentenze pronunciate. Perfino il rapporto tra istituzioni e organi di garanzia è stato messo in discussione". E "mentre la tensione e l'attenzione si concentrano su una impropria contrapposizione, di cui la magistratura è vittima, nulla di serio, concreto e duraturo - lamenta l'Anm- viene proposto per restituire efficienza all'organizzazione giudiziaria e per ricondurre il processo alla ragionevole durata". All'appuntamento di giovedì "la magistratura arriva compatta: sia nelle componenti associative, sia con la spontanea e massiccia adesione agli appelli in favore del collega Mesiano".

ROBLEDO - "Se le nostre toghe sono rosse, lo sono per il sangue versato dai magistrati che hanno pagato con la vita la difesa della legalità e dei valori costituzionali, a cominciare da Falcone e Borsellino" ha detto il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, titolare in passato di inchieste che riguardavano proprio Berlusconi, rispondendo alle affermazioni pronunciate dal premier nella telefonata a Floris. "Definire comunisti i colleghi delle procure che lavorano seriamente è inammissibile" gli fa eco dalla Sicilia il procuratore capo della Repubblica di Siracusa Ugo Rossi.

LE REAZIONI -Ma sulle accuse ai pm ci sono interventi anche di natura più strettamente politica. "Proprio la nota di oggi dell'Anm è l'ennesima conferma del fatto che alcuni settori della magistratura si muovono come se fossero un soggetto politico" dice Daniele Capezzone, portavoce del Pdl. "Silvio Berlusconi anche ieri sera a Ballarò ha rasentato il ridicolo accusando i giudici di Milano di essere comunisti. Come ricorda qualche quotidiano il giudice Lapertosa, che martedì ha condannato Mills, è lo stesso giudice comunista che lo aveva assolto in appello nel processo Sme" ha sottolineato invece il presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario.

BERSANI - E non si sono fatte attendere le repliche anche da parte del Pd sul fatto che il Partito democratico sia diventato un nuovo Pci. "Noi il nuovo Pci? Ma diceva che eravamo comunisti già prima che diventassi segretario io, lo diceva con Veltroni, con Franceschini... Ce lo fornisca il premier il segretario buono..." replica il neo-segretario del Pd Pier Luigi Bersani .

 

28 ottobre 2009(ultima modifica: 29 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

Il centrodestra a lavoro,

sfida sulla "prescrizione breve"

Incontro tra i legali del premier e la Bongiorno, che frena sul taglio dei tempi

ROMA — Ormai, i tavoli so­no due. Alla luce del sole, la Consulta giustizia del Pdl discu­te di riforme (dalle intercetta­zioni alla nuova legge elettorale del Csm, alla separazione delle carriere), fissando pure per il 4 novembre un confronto con i magistrati e le opposizioni. Il se­condo tavolo, discreto e in mo­vimento, è gestito dagli avvoca­ti del premier eletti in Parla­mento che propongono agli al­leati varie leggi, prima tra le al­tre la prescrizione ancora più breve, capaci di frenare i proces­si a carico dell’avvocato Mills e di Berlusconi.

E in quella che ormai è diven­tata una corsa contro il tempo — il processo Mills potrebbe es­sere definito dalla Cassazione tra febbraio e marzo — le solu­zioni prospettate da Ghedini (taglio di un quarto dei termini di prescrizione per i procedi­menti pendenti relativi a reati di non grave entità commessi prima del 2 maggio 2006 e con pena massima fino a 10 anni) ie­ri hanno trovato un punto di ca­duta almeno in due faccia a fac­cia. Al ristorante di Montecito­rio gli avvocati del premier, Ghedini era accompagnato da Piero Longo, si sono intrattenu­ti a lungo con la collega Giulia Bongiorno che oltre ad essere il presidente della commissione Giustizia della Camera è anche plenipotenziario di Gianfranco Fini. Ma sull’ipotesi prescrizio­ne breve i finiani avrebbero già storto il naso, considerando la misura impopolare: "Ma come si fa a insistere a pochi anni dal varo della legge Cirielli che già dava una bella sforbiciata?", è il messaggio lanciato agli avvoca­ti di Berlusconi. Ecco allora che nei colloqui successivi — in se­rata il ministro Angelino Alfa­no ha visto Longo e Ghedini— sono state messe sul tavolo al­tre soluzioni: si fisserebbe un tetto di sei anni per i dibatti­menti; tre anni per il primo gra­do; due per l’appello; uno per la Cassazione. Tuttavia, con la pri­ma o con la seconda soluzione, lo stralcio Berlusconi del pro­cesso Mills sarebbe già prescrit­to mentre il processo per i dirit­ti tv in cui è imputato il pre­mier si estinguerebbe nel 2011 invece che nel 2013.

Ma come far digerire tutto questo agli alleati? Sempre ieri Alfano ha ricevuto il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Sco­pelliti (ex An) candidato per le Regionali, facendo sua la batta­glia (Consiglio di Stato permet­tendo) per riportare a Catanza­ro la scuola della magistratura che Mastella voleva a Beneven­to. Alla Lega, invece, sarebbero state promesse maggiori com­petenze per i giudici onorari. Ma c’è altro nel pentolone del Pdl: sulla scia di una idea del ministro La Russa — sia la corte d’Assise a giudicare le alte cariche dello Stato — c’è in can­tiere un mini lodo Alfano: il pro­cesso contro l’alta carica verreb­be sottratto per legge al suo giu­dice naturale (il tribunale di Mi­lano) e dirottato verso una sede giudiziaria (Roma) più agevole per l’esercizio del diritto di dife­sa del presidente del Consiglio. Perderebbe quota, invece, la proposta di alzare a 78 anni l’età pensionabile dei magistra­ti — per accattivarsi le simpatie delle figure apicali — anche per­ché dopo la Cassazione si è mo­bilitata l’Avvocatura dello Stato con un documento che impe­gna i firmatari a dichiarare, fin da ora, di voler andare in pen­sione a 75 anni.

Dino Martirano

29 ottobre 2009

 

 

 

 

 

2009-10-28

boom di ascolti per la trasmissione di floris: quasi 5 milioni di telespettatori

Berlusconi a Ballarò: "L'opposizione

in Italia sono i giudici comunisti "

Telefonata nel programma di Rai3: "La tv pubblica fa processi al premier senza contraddittorio"

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NOTIZIE CORRELATE

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Audio - Giovanni Floris: "Il giornalismo comincia dopo lo sfogo"

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Video - La sintesi dell'intervento di Berlusconi

MILANO - In un intervento telefonico (guarda il video) a sorpresa a "Ballarò" il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi è tornato ad attaccare i giudici (nel giorno della sentenza Mills) e la tv pubblica. E ha poi parlato anche della sua telefonata a Marrazzo a proposito del video che lo riguardava. Un intervento che ha fatto salire di molto l'audience del programma, che è stato seguito da quasi 5 milioni di spettatori (4.898.000), con uno share 19,69%. Il picco di share per Ballarò è stato proprio durante la telefonata del premier, intorno alle 23.25, col 31,59% dell'intera platea televisiva. Il risultato di martedì di Ballarò è il migliore della stagione.

L'ATTACCO - L'intervento di Berlusconi è arrivato al termine della trasmissione, che vedeva da una parte Rosi Bindi e Pier Ferdinando Casini, dall'altra i ministri La Russa e Alfano, e prima ha toccato temi di attualità, in particolare il taglio dell'Irap e la crisi. Ma l'affondo iniziale di Berlusconi è stato sui giudici: "L'anomalia italiana non è Silvio Berlusconi, ma sono i pm e i giudici comunisti di Milano che da quando Berlusconi è sceso in politica lo hanno aggredito in tutti i modi. I pm sono la vera opposizione nel nostro Paese". Poi ha accusato Floris per i contenuti del programma e ripete l'attacco già fatto altre volte alla tv pubblica: "Lei fa dei processi pubblici nei miei confronti e senza contraddittorio nella tv pagata da tutti i cittadini. Le ricordo che la televisione non è sua. Ho assistito agli interventi degli esponenti della sinistra, ho assistito al festival delle falsità e della calunnia. La tv pubblica italiana ha una prevalenza assoluta di giornalisti di sinistra e di programmi di sinistra e attacca il governo". Una situazione "unica in tutto il mondo occidentale". E poi ancora: "L'ultimo sondaggio che ho qui davanti a me dice che il governo è al 54%, il presidente del Consiglio è al 68% e il Pd, che è tornato Pci con l'elezione di Bersani, è al 25%".

Audio -Giovanni Floris: "Il giornalismo comincia dopo lo sfogo"

LE DOMANDE E LA BATTUTA - Dopo lo sfogo Floris è riuscito ad avviare una sorta di contraddittorio e i toni si sono distesi un po'. Berlusconi ha risposto ad alcune domande, in particolare sulla questione-Tremonti ("Abbiamo chiarito ogni equivoco con alcuni esponenti del governo e si prosegue con la politica di rigore"), sulla riduzione dell'Irap ("Si farà entro i tempi possibili e questo dipende da come si evolverà la crisi") e a una di Concita De Gregorio, direttore de l'Unità, sul caso Marrazzo. "Mia figlia - dice Berlusconi - mi ha detto del video di Marrazzo come parla una figlia al padre. Mondadori l'aveva già rifiutato perché Mondadori non è né Repubblica né l'Espresso. Ho chiamato Marrazzo gli ho dato il numero di telefono dell'agenzia lasciando a lui la libertà di denunciare o meno quello che era successo". In chiusura una battuta con Floris. "Presidente, come va con la scarlattina?" gli domanda il conduttore. "Se viene a casa mia sono felice di attaccargliela" replica il premier.

 

27 ottobre 2009(ultima modifica: 28 ottobre 2009)

 

REPUBBLICA

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2009-10-29

l premier a Ballarò contro i "giudici comunisti, anomalia italiana"

E arriva la risposta dell'Associazione Nazionale dei Magistrati

Caso Mills, l'Anm replica a Berlusconi

"Rispondiamo solo alla Costituzione"

"E' ridicolo descrivere i tribunali come sezioni di partiti politici"

Caso Mills, l'Anm replica a Berlusconi "Rispondiamo solo alla Costituzione"

MILANO - "I magistrati non devono essere intimiditi". Arrivano a stretto giro le repliche all'ennesimo attacco portato da Silvio Berlusconi ai giudici nel corso della trasmissione Ballarò. Prima il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Lobredo: "Se le nostre toghe sono rosse, lo sono per il sangue versato dai magistrati che hanno pagato con la vita la difesa della legalità e dei valori costituzionali, a cominciare da Falcone e Borsellino", e di tutti gli altri che "hanno perso la vita in nome della difesa della legalità". Poi l'Associazione nazionale dei Magistrati: "Rispondiamo solo alla legge e alla Costituzione, i magistrati non devono essere intimiditi", ed è ridicolo "descrivere i tribunali come sezioni di partiti politici".

Le nuove accuse del premier, in procura a Milano, hanno suscitato in alcuni rabbia, in altri quasi indifferenza e rassegnazione. "E che cosa dobbiamo dire ancora - sbotta un magistrato che vuole restare nell'anonimato - è sempre la solita storia, trita e ritrita. Noi pensiamo solo a lavorare".

Nel corso della trasmissione Ballarò, Berlusconi aveva affermato che "l'anomalia italiana non sono io, ma i giudici comunisti, che rappresentano, insieme ai giornalisti di sinistra, la vera opposizione nel Paese". E poi: "Ma davvero Silvio Berlusconi è l'imprenditore più criminale della storia del mondo?". Il commento del presidente del Consiglio era giunto nel giorno della conferma, da parte della Corte d'Appello di Milano, della condanna dell'avvocato inglese David Mills.

(28 ottobre 2009) Tutti gli articoli di cronaca

 

 

 

 

Allarme al Quirinale: rispettare la Costituzione sul giudice naturale

Il Cavaliere insiste sulla prescrizione breve, ma c'è il "no" della Lega e degli ex di An

In arrivo un nuovo lodo-Ghedini

a Roma i processi delle alte cariche

Alfano: "Adesso basta, mi sono già esposto. Da questa vicenda, però, resto fuori"

di LIANA MILELLA

In arrivo un nuovo lodo-Ghedini a Roma i processi delle alte cariche

L'avvocato Niccolo Ghedini

ROMA - Sempre più in affanno. Sempre più divisi. La Lega e i finiani contro Ghedini. Pezzi del Pdl sempre più perplessi sulle norme ad personam studiate in quel di Padova dall'avvocato del Cavaliere. E stavolta con un alto là del Guardasigilli Alfano: "Mi sono esposto personalmente con il lodo, gli ho dato il mio nome, ma adesso basta, il mio ministero resta fuori, norme sulla prescrizione e quant'altro dovranno venire dal dibattito parlamentare". Proprio così. Tant'è che ieri sera, durante la riunione della Consulta del Pdl per la giustizia (Ghedini ne è animatore, factotum, presidente), l'accordo interno è stato già preso, "niente passi da palazzo Chigi, solo emendamenti ad hoc". La storia della Cirami, della Cirielli, della Pecorella si ripete.

La condanna in appello di Mills è vecchia di 48 ore. Berlusconi ha sempre meno fiducia negli alambicchi giudiziari dei suoi esperti. Lega e finiani stoppano seccamente sulla prescrizione breve perché sarebbe letta con un solo possibile nome, amnistia. Il legittimo impedimento reso più stringente e praticamente obbligatorio per il giudice già cozza con le sentenze della Consulta e dunque viaggia verso un binario secondario. Ma è intorno a quel principio - consentire a chi è imputato e nel contempo riveste incarichi istituzionali di prendere parte al suo processo ed esercitare appieno il diritto alla difesa - che ragiona Niccolò Ghedini per dare al premier la certezza di un ampio riparo dai suoi processi. Bocciato il lodo Alfano che congelava i dibattimenti, ecco rispuntare un nuovo lodo, un artificio giuridico che suona così: "Per i reati commessi dalle alte cariche il tribunale competente è quello di Roma". È tutto da decidere se ne fruiranno anche ministri e parlamentari.

È l'ultima spiaggia di Ghedini, l'ultima creatura. La sua "soluzione finale". Maturata negli ultimissimi giorni dopo un sondaggio con Lega e finiani sulla prescrizione breve che ha sortito un esito catastrofico.

Intendiamoci: è quella la misura che l'avvocato vorrebbe veramente incassare. Sicura, perché farebbe "morire" d'un colpo i processi Mills e Mediaset. Ma gli ostacoli sono insormontabili. Netto il no della finiana Giulia Bongiorno che gliel'ha comunicato la settimana scorsa. Ora s'aggiunge il niet della Lega che non potrebbe giustificare la nuova amnistia, centinaia di processi chiusi e di imputati liberi, con gli elettori malati di zero tolerance.

Sia nuovo lodo allora. Stavolta firmato direttamente dal suo proponente, Ghedini, pronto a tuffarsi in una perigliosa avventura che, alle viste, rischia di risolversi in un altro scontro col Quirinale. Le prime avvisaglie già ci sono. Un lodo che rende obbligatorio il trasferimento a Roma dei processi alle alte cariche, per di più esteso a ministri e parlamentari, rischia di scontrarsi con il principio della Costituzione che, all'articolo 25, garantisce il rispetto del giudice naturale. Sul Colle, dove già Napolitano ha messo in guardia Berlusconi da leggi eterogenee e soprattutto dettate dall'emergenza, la prospettiva di un trasferimento forzato dei processi, soprattutto di quelli già in corso come Mills e Mediaset, viene considerata una pericolosa forzatura costituzionale. Né, d'altronde, il Colle apre sulla prescrizione che, per come viene disegnata, finirebbe per avere gli stessi effetti devastanti della famosa norma blocca-processi (fermarli tutti per un anno pur di fermare quelli del Cavaliere).

L'affanno è massimo. I margini stretti. Nel Pdl molti sono stanchi di immolarsi sull'altare di norme ad personam che si risolvono in continui insuccessi.

Anche il lodo Ghedini ha dei rischi perché, gli obiettano, se da un lato i processi vengono trasferiti a Roma, dall'altro per l'imputato è meno facile accampare impegni da spendere come legittimo impedimento. Molti deputati e senatori potrebbero essere perplessi. Ma Ghedini va avanti. Sul piatto è pronto a lanciare un ammorbidimento sulle intercettazioni. Lo teorizza, con il relatore al Senato Roberto Centaro, nella riunione della Consulta. I famosi "gravi indizi di colpevolezza" diventerebbero soltanto "sufficienti". È un "vedo" per aprire una trattativa con l'opposizione, la nuova era di Bersani, e spuntare una tregua armata sul futuro lodo.

© Riproduzione riservata (29 ottobre 2009)

 

 

 

2009-10-28

Il premier a Ballarò contro i "giudici comunisti, anomalia italiana"

E arriva la risposta dell'Associazione Nazionale dei Magistrati

Caso Mills, l'Anm replica a Berlusconi

"Rispondiamo solo alla Costituzione"

"E' ridicolo descrivere i tribunali come sezioni di partiti politici"

Caso Mills, l'Anm replica a Berlusconi "Rispondiamo solo alla Costituzione"

MILANO - "I magistrati non devono essere intimiditi". Arrivano a stretto giro le repliche all'ennesimo attacco portato da Silvio Berlusconi ai giudici nel corso della trasmissione Ballarò. Prima il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Lobredo: "Se le nostre toghe sono rosse, lo sono per il sangue versato dai magistrati che hanno pagato con la vita la difesa della legalità e dei valori costituzionali, a cominciare da Falcone e Borsellino", e di tutti gli altri che "hanno perso la vita in nome della difesa della legalità". Poi l'Associazione nazionale dei Magistrati: "Rispondiamo solo alla legge e alla Costituzione, i magistrati non devono essere intimiditi", ed è ridicolo "descrivere i tribunali come sezioni di partiti politici".

Le nuove accuse del premier, in procura a Milano, hanno suscitato in alcuni rabbia, in altri quasi indifferenza e rassegnazione. "E che cosa dobbiamo dire ancora - sbotta un magistrato che vuole restare nell'anonimato - è sempre la solita storia, trita e ritrita. Noi pensiamo solo a lavorare".

Nel corso della trasmissione Ballarò, Berlusconi aveva affermato che "l'anomalia italiana non sono io, ma i giudici comunisti, che rappresentano, insieme ai giornalisti di sinistra, la vera opposizione nel Paese". E poi: "Ma davvero Silvio Berlusconi è l'imprenditore più criminale della storia del mondo?". Il commento del presidente del Consiglio era giunto nel giorno della conferma, da parte della Corte d'Appello di Milano, della condanna dell'avvocato inglese David Mills.

(28 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

Telefonata del premier in

diretta, dopo gli interventi di Bindi e Casini

"Da quando sono entrato in politica bel 109 magistrati si sono occupati di me"

Berlusconi a sorpresa a Ballarò

"Mills? I giudici sono comunisti"

"Dalla sinistra calunnie e falsità, disdicevole comportamento della tv pubblica"

"Video con Marrazzo, quando l'ho saputo l'ho lasciato libero di scegliere"

Berlusconi a sorpresa a Ballarò "Mills? I giudici sono comunisti"

Silvio Berlusconi

ROMA - "La vera anomalia italiana non è Berlusconi ma sono i pm comunisti". Il presidente del Consiglio interviene a sorpresa al telefono a Ballarò, su RaiTre, nel giorno della conferma, da parte della Corte d'Appello di Milano, della condanna per l'avvocato David Mills ("Testimoniò il falso pagato da Berlusconi"). Il premier ribadisce alcune delle sue convinzioni più longeve, dai magistrati "che nel paese sono la vera opposizione" alla "prevalenza di giornalisti e programmi di sinistra" e dunque di "programmi disdicevoli" in tv. Ma tocca anche l'attualità, dalla vicenda Marrazzo al conflitto con Tremonti, ("Chiarito ogni equivoco - dice - si prosegue con la politica del rigore"), dall'abolizione dell'Irap alle primarie del Pd ("E' tornato il Pci"). In studio, ospiti di Giovanni Floris, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il titolare della Difesa Ignazio La Russa, Pier Ferdinando Casini, Rosy Bindi, il direttore dell'Unità Concita de Gregorio.

"Dalla sinistra il festival delle falsità". Vuole replicare agli interventi di Rosy Bindi e di Casini, che fino a quel momento hanno parlato del suo viaggio in Russia (e del consiglio dei ministri saltato), del caso Marrazzo (e delle possibili analogie con le vicende delle escort che il premier ha frequentato), della giustizia (e del caso Mills). per questo Berlusconi chiama Ballarò. E pure perché costretto al letto: "Sto vedendo il programma solo perché sto male - precisa - normalmente io a quest'ora lavoro". Poi comincia: "Ho assistito agli interventi degli esponenti della sinistra, in particolare su Mills ho visto il festival delle falsità e della calunnia". Ciò è stato possibile perché "la tv pubblica italiana ha una prevalenza assoluta di giornalisti di sinistra e di programmi di sinistra, una situazione unica in tutto il mondo occidentale". Al conduttore Floris viene naturale ribattere: "Mi domando quale sia il ruolo dei suoi ministri, visto che sono qui e avrebbero potuto replicare...".

"Giudici e pm comunisti". Quanto alla conferma della condanna per Mills, Berlusconi insiste: "Non sono io l'anomalia italiana. Sono i giudici comunisti e i pm comunisti, 109 magistrati che si sono interessati di me, che da quando Berlusconi è entrato in politica hanno deciso di aggredirlo con innumerevoli iniziative". Poi si chiede: "Ma davvero Silvio Berlusconi era l'imprenditore più criminale della storia del mondo?".

Un altro scontro con Rosy Bindi. Come a "Porta a porta", è stata Rosy Bindi a dare la risposta più pepata al premier: "Nessun politico al mondo ha la possibilità di intervenire quando e come vuole in una trasmissione pubblica per fare affermazioni che non sono convincenti". Floris, ha difeso il diritto del premier a intervenire e se ne è assunto la responsabilità, visto che la tv pubblica è "libera", ha rivendicato, perché pagata da tutti i cittadini. Ma la Bindi ha continuato ad incalzare il premier in un concitato confronto sui temi della giustizia: "Lei ha un solo modo per dimostrare la legalità che continua ad affermare: sottoporsi come qualunque cittadino al giudizio della magistratura". Interrotta dalle proteste di Berlusconi, Bindi ha aggiunto che "nessuno contesta il consenso che il premier ha avuto dagli italiani nè il fatto che questi abbia legittimamente governato.

Ma il consenso popolare da lui ottenuto non lo solleva - ha concluso Bindi - dal dover sottoporsi al rispetto della legge, della Costituzione e del giudizio della magistratura".

Caso Marrazzo, "l'ho lasciato libero di scegliere". Berlusconi coglie l'occasione per parlare della vicenda dell'ex presidente della Regione Lazio e del ruolo che il premier avrebbe svolto nell'informare l'ex governatore dell'esistenza di un video compromettente su di lui. "L'ho informato ma non gli ho dato alcun consiglio - spiega - l'ho lasciato libero di scegliere se chiamare i numeri telefonici che gli ho fornito o di fare una denuncia". Berlusconi ha detto di aver saputo da sua figlia (Marina, presidente dei Mondadori, ndr) dei filmati che riguardavano Marrazzo "quando la Mondadori aveva già rifiutati di comprarli, perché la Mondadori non è né Repubblica né l'Espresso". Sul punto è intervenuta Concita De Gregorio: "E allora, perchè non ha fatto lo stesso per il caso Boffo, quando disse che non poteva controllare Il Giornale, la cui proprietà è della Mondadori?". "Sono due cose totalmente diverse - ha risposto il premier - nel caso Boffo non sono intervenuto in alcun modo, anche perchè si trattava di un direttore molto vicino a una personalità che mi è molto cara in Vaticano (il cardinale Camillo Ruini, ndr)".

 

Crisi, Irap e fiducia. Quanto alla situazione economica italiana, Berlusconi ha ribadito di non aver mai sottovalutato la crisi ma di aver voluto "infondere fiducia e ottimismo, perché anche l'aspetto psicologico è importante". Per quel che riguarda la discussa ipotesi di abolizione dell'Irap, si farà perché "è nel programma di governo" dice il presidente del Consiglio, "ma non si possono fissare dei tempi perché dipende dall'andamento della crisi". Si opererà, ha aggiunto, "entro i tempi possibili, e questo dipende da come si evolverà la crisi, e nessuno al mondo lo sa".

(27 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

RETROSCENA In corso una trattativa Ghedini-Bongiorno

Ecco le ipotesi per "difefendere" il Cavaliere dai processi

Sprint sul legittimo impedimento

E in Cassazione un Caso-Segrate

Sprint sul legittimo impedimento E in Cassazione un Caso-Segrate

di LIANA MILELLA

ROMA - E adesso? "Fate in fretta e levatemi dagli impicci". "E basta con i dubbi di Fini e della Bongiorno sulla prescrizione breve, non c'è altra strada, mentre a quella di sfruttare il legittimo impedimento non ci credo, ho visto già com'è finita per Previti". Chiuso ad Arcore, il Cavaliere è stufo e vuole una legge che lo metta in zona sicurezza contro "il complotto dei giudici". Ha dato ordini precisi: subito le nuove regole sulla prescrizione e subito la norma che sposta a 78 anni l'età pensionabile delle toghe in modo da ingraziarsi i vertici della Cassazione che trattano, oggi e in futuro, i suoi processi.

Dal palazzaccio un favore in anticipo il presidente Vincenzo Carbone, che sarebbe tra i primi a fruire della proroga, gliel'ha già fatto giusto ieri. Con una mossa a sorpresa, al di fuori di qualsiasi prassi decennale, ha tolto alla sezione tributaria e al suo presidente Enrico Altieri un processo da 400 miliardi di vecchie lire in cui l'agenzia delle entrate, per bocca dell'avvocatura dello Stato, reclama dalla Mondadori crediti per rimborsi Irpeg e Ilor non pagati nel 1991. L'udienza era prevista per oggi, ma Altieri s'è visto sfilare all'ultimo momento il processo, che invece è stato assegnato alle sezioni unite. E quando, infuriato, lo stesso Altieri ha chiesto conto di un intervento del tutto fuori dalle regole s'è sentito rispondere: "C'è una ragione di Stato". Tutta la Cassazione è in subbuglio contro Carbone, Altieri lavora a possibili reazioni formali, ma Berlusconi ha ottenuto così un prezioso rinvio.

Sono questi i risultati che gli premono e soprattutto quelli che gli piacciono, la melina invece lo innervosisce. Quella dei finiani, giusto in queste ore, lo manda ai pazzi. "Liberatemi subito dai processi", è il suo ossessivo refrain. Aveva chiesto un nuovo lodo Alfano con legge costituzionale, ma gli hanno spiegato che i tempi per approvarlo sarebbero troppo lunghi e rischierebbero di finire prima i suoi processi. Allora ha spedito Niccolò Ghedini a trattare con Giulia Bongiorno.

I primi approcci ci sono stati la settimana scorsa. Cauto e prevenuto Ghedini, memore dei niet di Giulia su intercettazioni e blocca-processi. L'avvocato del premier adesso ha un obiettivo chiaro: vuole la prescrizione breve, tagliando via dai calcoli i tempi aggiuntivi (un quarto in più) frutto degli "atti interruttivi" (sentenze e rinvii a giudizio). Espone la trovata. E la Bongiorno gliela boccia sonoramente: "Sarebbe un'amnistia, non ti darò mai il mio consenso" replica lei. E fa una contro proposta: "Se sei un bravo avvocato sfrutta appieno il legittimo impedimento, concorda con i giudici il calendario, così come te lo consiglia la stessa Consulta, vedrai che non avrai più problemi".

Un pannicello caldo. Ghedini reagisce subito e dice di no. Spiega alla Bongiorno che la sua idea è sbagliata, che con Berlusconi non riuscirebbe, che ogni settimana sarebbe comunque un delirio sui giornali. Tuttavia prova a riferire i contenuti della trattativa a Berlusconi. Che replica nel modo peggiore immaginale: "Cosa? Siete pazzi? Ma allora mi volete proprio rovinare? Pensate che non me lo ricordi com'è andata a finire con Previti giusto utilizzando questo sistema del legittimo impedimento?". Berlusconi se lo ricorda bene, Previti è stato condannato due volte. La prescrizione non ha corso abbastanza in fretta.

Poi ecco lo spiraglio di un possibile compromesso. Cambiare la legge sul legittimo impedimento, renderla più stringente, togliere ai giudici l'autonomia che attualmente hanno sul tipo di impegni, incontri, appuntamenti che possono giustificare il rinvio di un'udienza. La trattativa Ghedini-Bongiorno riprende a Roma, e andrà avanti questa settimana. Da una parte lei non cede di una virgola: "La legge già c'è e va bene così, la sentenza della Corte non lascia spazi a ulteriori modifiche". Lui insiste: "No, dobbiamo togliere ai magistrati ogni spazio di libertà, altrimenti saranno capaci di fissarmi i processi pure la domenica pur di condannare Berlusconi". Dalla finiana Bongiorno non è arrivata alcuna apertura. I margini sono inesistenti. Ghedini intanto oggi riunisce la consulta del Pdl per la giustizia, cerca lì i supporter alle sue teorie giuridiche, e soprattutto ragiona su quali "vagoni" (le intercettazioni o il processo penale al Senato) far camminare le future norme ad personam,. Ma l'incubo dei finiani che dicono no comunque continua.

(28 ottobre 2009) Tutti gli articoli di cronaca

 

 

 

 

Il Cavaliere tra processi, prescrizioni

e voglia di cambiare la Carta

di GIUSEPPE D'AVANZO

Anche per i giudici dell'appello, David Mackenzie Mills è un testimone corrotto e, se c'è un corrotto, ci deve essere un corruttore. Il corruttore è Silvio Berlusconi. Non è in aula, è decisamente in salvo. Ma questa nuova sentenza pesa su di lui come un macigno - o come un incubo - perché ripropone un paio di cose che sappiamo (o dovremmo sapere) del capo del governo. Se ne possono elencare tre. Raccontano come la frode sia stata la via maestra per costruire - prima - e per difendere - poi - l'impero Fininvest/Mediaset. Spiegano le torsioni della sintassi legale del presente. Annunciano la tempesta politica che scuoterà il Paese in un prossimo futuro.

Non c'è bisogno di farla tanto lunga. Mills, per conto di Berlusconi, crea un arcipelago di società off-shore (All Iberian). Quando i procuratori di Milano ne scorgono il profilo, per Berlusconi è questione vitale inventarsi l'impossibile per uscire dall'angolo. La corruzione di Mills, pagato dal capo del governo per mentire in aula, è un passaggio obbligato. Il motivo è elementare. Le società, create e amministrate dall'avvocato inglese, custodiscono il grande, indicibile segreto dell'Egoarca. Lungo i sentieri storti del "group B very discreet della Fininvest" transitano quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che premiano Bettino Craxi per l'approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi in Cct destinati alla corruzione del Parlamento che approva quella legge; la proprietà abusiva di Tele+ (viola le norme antitrust italiane, per nasconderla furono corrotte le "fiamme gialle"); il controllo illegale dell'86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l'acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche; le risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma (gli consegnano la Mondadori); gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favorirono le scalate a Standa, Mondadori, Rinascente.

Strappato il velo che nasconde questa scena, Berlusconi non solo ci rimette le penne in un tribunale, ma del mito che ha costruito per sé e il suo talento, che cosa resta? Il tableau polverizza il "corpo mistico" dell'ideologia berlusconiana. Ecco ora che cosa si vede: al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, la corruzione della politica, della Guardia di Finanza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa. Ancora nel giugno dell'anno scorso, Berlusconi nega: "Non conoscevo Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l'Italia" (Ansa, 20 giugno 2008, ore 15,47).

Come sempre, Berlusconi intreccia in un unico nodo il suo futuro di leader politico, "responsabile di fronte agli elettori", e il suo passato di imprenditore di successo. Crea un confine indefinibile tra pubblico e privato. Se ne comprende il motivo perché, nell'ideologia del premier, è il suo trionfo personale che gli assegna il diritto di governare il Paese. Le sue ricchezze sono la garanzia del patto con gli elettori e dell'infallibilità della sua politica; il canone ineliminabile della "società dell'incanto" che lo beatifica. Per salvarsi da questo disvelamento, Berlusconi è disposto a ogni magia. E' storia dell'altro ieri. Cancella reati. Distorce le regole del processo. Riscrive i tempi della prescrizione. In posa da povero cristo, dice di aver subito 106 processi.

E' una favola. La ripetono come un'eco i commessi a stipendio e le ugole obbedienti retribuite con il canone televisivo (sono dodici i processi finora, più quattro ancora in corso). Non si accontenta. Minaccia di gettare per aria l'intera amministrazione della giustizia fermando centomila processi per affossarne uno solo, il suo. Ottiene in cambio dal Parlamento - quasi fosse un'estorsione - una legge che lo rende immune. La scrivono male. E' uno sgorbio. La Corte costituzionale la cancella, ma il risultato - l'Egoarca - l'incassa. Era a un passo dalla condanna, la "legge Alfano" lo esclude dal processo. Che ora ricomincia di nuovo, davanti a nuovi giudici che dovranno valutare le fonti di prova, le ventidue testimonianze, le nove rogatorie, come se un processo non ci fosse già stato.

Non ce la si farà in un anno e mezzo e quindi il processo nasce ferito a morte in attesa che l'uccida la prescrizione. Siamo al presente. Berlusconi non si fida di quest'esito. Si sente accerchiato dalle ombre. Vive di sospetti. Vede in ogni angolo un congiurato. Avverte, come un tormento, il declino della sua parabola. "E se usassero quel processo per farmi fuori?" si chiede. Vuole una norma ordinaria, approvata presto, prima di Natale, che gli dia la certezza che quella storia si chiuda definitivamente. Vuole una prescrizione ancora più stretta. Difficilmente l'avrà, a quanto pare. Manipolerà così un "legittimo impedimento" più rigido e restrittivo, che gli consentirà di prendere tempo, di rinviare le udienze, di deciderne il calendario, di mandarlo a cart'e quarantotto. Salvo, ancora una volta, dal giudizio, Berlusconi non può accontentarsi. E' impensabile che possa insediarsi al Quirinale nell'anno 2013 con quella condanna indiretta sul gobbo.

Siamo al futuro. E' un corruttore, anche se in tribunale ci ha rimesso soltanto il corrotto. Pure un Parlamento, comandato come una scolaresca, potrebbe negargli l'ascesa a Monte Cavallo. L'Egoarca sceglierà la via più breve, la più diretta. Come sempre. Vorrà riscriversi la Costituzione e farsi spingere lassù dal "popolo" per far dimenticare la rete di imbrogli che lo ha fatto ricco, i garbugli che lo hanno protetto, l'inganno del suo mito.

© Riproduzione riservata (28 ottobre 2009)

L'UNITA'

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2009-10-29

 

 

 

 

 

2009-10-28

Il pm Robledo replica al premier: "rossi, ma per il sangue versato". Anm: "Accuse ridicole"

L'ultimo attacco, in ordine di tempo, di Silvio Berlusconi ai giudici nel corso della trasmissione Ballarò ha provocato reazioni indignate. L'Associazione nazionale magistrati ha risposto, per l'ennesima volta, al presidente del consiglio ricordando che i magistrati rispondono "solo alla legge e alla Costituzione" e chiedendo che cessino le intimidazioni: "E' ridicolo descrivere i tribunali come sezioni di partito".

"Se le nostre toghe sono rosse, lo sono per il sangue versato dai magistrati che hanno pagato con la vita la difesa della legalità e dei valori costituzionali, a cominciare da Falcone e Borsellino", e di tutti gli altri che "hanno perso la vita in nome della difesa della legalità", ha detto il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo. Il magistrato fu titolare di alcune inchieste su Berlusconi (tra cui quella sulle irregolarità nell'acquisto di diritti televisivi da parte di Mediaset).

Tra rabbia e indifferenza le re altre reazioni al tribunale di Milano, peraltro da sempre al centro degli attacchi di Silvio Berlusconi.

Nel corso della trasmissione, proprio nel giorno in cui la Corte d'appello confermava la sentenza per l'avvocato inglese Mills accusato di aver ricevuto soldi dalla Fininvest per testimoniare il falso, il premier aveva straripato con le affermazioni di sempre: "l'anomalia italiana non sono io, ma i giudici comunisti, che rappresentano, insieme ai giornalisti di sinistra, la vera opposizione nel Paese". E poi: "Ma davvero Silvio Berlusconi è l'imprenditore più criminale della storia del mondo?".

28 ottobre 2009

 

 

 

Berlusconi telefona a Ballarò: "I pm sono tutti comunisti"

Silvio Berlusconi interviene a sorpresa a Ballarò su Raitre, parlando da Arcore, dove sta curando la scarlattina. E, nel giorno della sentenza d'appello del processo Mills (condanna confermata all'avvocato inglese), attacca a tutto campo, i giudici, in primo luogo e in particolare "i pm comunisti che sono la vera opposizione nel nostro Paese". Poi anche il neosegretario del Pd Pier Luigi Bersani: "Con lui è tornato il Pci". Il premier non perdona neppure la tv pubblica e in particolare la trasmissione di Giovanni Floris, che descrive come "il festival della calunnia, della falsità pagato con i soldi dei contribuenti".

Il Cavaliere parla anche della vicenda di Piero Marrazzo e della telefonata con cui ha avvertito l'ormai ex presidente della regione Lazio del video che lo ritraeva in compagnia di un trans: "L'ho lasciato pienamente libero di decidere le scelte da fare: acquistare il documento dall'agenzia che ce l'aveva oppure denunciare l'intera vicenda alla magistratura". Quanto alla Mondadori, alla quale era stato offerto il filmato dello scandalo in cambio di un compenso, Berlusconi ha chiarito che il rifiuto dell'acquisto era già stato fatto prima che lui fosse informato di tutto dalla figlia Marina, "perchè la Mondadori non è nè Repubblica, nè l'Espresso".

"L'anomalia di questo Paese - ha detto Berlusconi - non sono io, ma i giudici comunisti, che da quando sono entrato in politica mi hanno aggredito con innumerevoli ed infondate iniziative giudiziarie. Ma Silvio Berlusconi - ha aggiunto parlando in terza persona - è davvero l'imprenditore più criminale di questo mondo?". Nel suo lungo intervento telefonico, il premier ha anche contestato con forza tutte le "illazioni" che i mass media avrebbero riferito sul suo viaggio in Russia: "Sono rimasto con Putin solo per un giorno con l'obiettivo di lavorare positivamente al rilancio delle imprese italiane. E sono partito in ritardo solo per la fitta nebbia".

Non è mancato un accenno di Berlusconi alla vicenda Tremonti, incontrato ieri sera ad Arcore: "È stato chiarito un equivoco. La politica del rigore non è stata solo una scelta del ministro dell'Economia, ma di tutto il governo. La politica del rigore va coniugata con le esigenze dello sviluppo". Quanto alla riduzione dell'Irap, "si farà, come prevede il programma di governo, perchè insieme al rigore occorre anche aiutare le imprese e le famiglie (con il quoziente familiare)". Ma si potra fare solo "entro i tempi possibili, in base alla situazione dei conti pubblici, e cioè quando sarà finita la crisi". Quando? "Nessuno al mondo lo sa", è stata la risposta del premier.

L'intervento di Berlusconi a Ballarò è stato contestato da Rosy Bindi, del Pd, ospite in studio con Pier Ferdinando Casini e i ministri Angelino Alfano e Ignazio La Russa: "Nessun politico al mondo ha la possibilità di intervenire in una trasmissione pubblica per fare affermazioni che non sono convincenti - ha detto la vicepresidente della Camera - L'unica possibilità che ha di dimostrare che è nella legalità, come ripete, è di farsi processare". La Bindi ha ingaggiato così un nuovo acceso duello con il Cavaliere dopo quello, sempre in diretta tv, avuto qualche settimana fa a Porta a Porta, quando Berlusconi l'aveva definita "più bella che intelligente" e si era sentito rispondere "non sono una donna a sua disposizione".

Aspri anche i botta e risposta tra Berlusconi e Floris, che voleva interloquire con il presidente del Consiglio. "A proposito, come va la scarlattina?", è stata l'ultima domanda, con il sorriso sulla labbra del conduttore. "Se viene a casa mia sarò felice di attaccargliela...", è stata la replica del Cavaliere.

28 ottobre 2009

 

 

 

Verso la prescrizione breve, grandi manovre salva-premier

Certo, c’è sempre la Cassazione. Anche il britannico avvocato David Mills dice di "aver fiducia nella giustizia di Roma", di quel Palazzaccio sul Tevere che, qualcuno deve avergli spiegato,può trovare soluzioni meravigliose grazie a cavilli e sotto cavilli tali da scrivere autentiche pagine di storia. Glielo deve aver spiegato lo stesso suo collega italiano, Niccolò Ghedini, la cui prima dichiarazione - ormai le fa solo scritte, non si fida più di certe sue creazioni linguistiche - rinvia al giudizio di Roma "poiché a Milano è ormai dimostrato che non si possono celebrare processi quando c’è di mezzo Berlusconi".

Ecco, quindi, c'è sempre la Cassazione per sperare di evitare quello che sarebbe un grave imbarazzo per il premier: trovare in una sentenza definitiva il suo nome in quanto corruttore accanto a quello di un corrotto. E può darsi che Ghedini e Mills, che continua a sottolineare come il suo destino sia legato a quello del premier, abbiano anche ragione. Ma non c’è dubbio che la sentenza pronunciata ieri dalla corte d’Appello di Milano, combinata e disposta con la bocciatura secca del Lodo Alfano, ha avuto serie ripercussioni nel triangolo ipotetico che collega palazzo Chigi, palazzo Grazioli e la residenza di Arcore dove il premier colpito da scarlattina si è dovuto trattenere.

Tempi di grandi manovre sul fronte giustizia. Dai conteggi frenetici di Ghedini la situazione processuale del premier risulta complessa ma non compromessa. La speranza è che la Cassazione riconosca che il reato di corruzione giudiziaria è prescritto dal 2008. E’ il punto su cui Cecconi e Lanzi, legali di Mills, hanno insistito molto, inutilmente, davanti ai giudici dell’Appello. In questo modo la faccenda sarebbe chiusa, almeno questa. La Suprema Corte potrebbe esprimersi prima di maggio-giugno 2010, data della prescrizione naturale del reato (per Mills) visto che il ricorso potrebbe essere presentato prima di Natale. Resta aperta la posizione di Berlusconi il cui processo di primo grado, stralciato, dovrebbe riprendere prima di Natale e andare prescritto nell’autunno 2011. Diversa la situazione per l’altro processo avviato e prossimo alla ripartenza, quello sui diritti televisivi, che dovrebbe andare prescritto nel 2012.

Stando così le cose - è il ragionamento di Ghedini - meglio non rischiare e puntare comunque su una soluzione più certa. Una via già individuata. Anzi, scritta. Si tratta solo di farla partire. E pazienza se farà saltare migliaia di altri processi. Quelli che contano sono solo due. Tempi e modi dovrebbero essere ufficializzati oggi dalla Consulta-giustizia del Pdl, il ministero ombra della maggioranza, prevista ieri a mezzogiorno è subito aggiornata a oggi (ore 16) appena saputo del verdetto negativo in arrivo da Milano. Un buon indizio lo offre il presidente del Senato Renato Schifani quando dice, lo ha fatto ieri: "Intercettazioni e riforma del processo penale sono le vere priorità". Sono questi due disegni di legge, infatti, congelati al Senato prima dell’estate, il cavallo di Troia per l’ennesima norma salva-premier.

Il testo è già scritto da una settimana. Poche righe che tagliano ulteriormente i tempi della prescrizione anche dei processi in corso. Il progetto del governo prevede di cancellare d’un colpo l’aumento dei tempi della prescrizione quando sono calcolate le interruzioni (sentenze, interrogatori, rinvii a giudizio provocano oggi l’aumento di un quarto dei termini). Il taglio riguarda i reati commessi fino al maggio 2006 e che di conseguenza ricadono nell’indulto. Al di là dei tecnicismi, il risultato è che la corruzione che oggi si prescrive in dieci anni, con la modifica muore dopo otto anni. Resta da capire come Ghedini intenda far approvare in fretta dal Parlamento questa norma. Schifani gli apre la porta del Senato indicando l’urgenza dei disegni di legge sulle intercettazioni e sulla riforma del processo penale fermi. appunto. a palazzo Madama. Le intercettazioni, tra l’altro, che contengono una serie di forti limitazioni per la pubblicazione delle notizie, potrebbero trovare ulteriore slancio anche con l’eco del caso Marrazzo. L’ipotesi più probabile è che la nuova noma diventi un emendamento al testo sulle intercettazioni, il più veloce perché già approvato dalla Camera. In alternativa può essere un emendamento al testo di riforma del processo penale, strada più lunga. Come sarebbe lungo il percorso di un disegno di legge presentato a parte anche se sempre al Senato. Grandi manovre sul fronte giustizia per salvare la reputazione del premier.

28 ottobre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-10-28

Berlusconi: pm comunisti anomalia italiana

L'Anm: "Rispondiamo solo alla Costituzione"

28 ottobre 2009

Video / La telefonata di Berlusconi a Ballarò

Mills: Corte appello conferma condanna a 4 anni e 6 mesi

Il processo a Berlusconi sui diritti tv riprende il 16 novembre

Lodo Mondadori, sospensione provvisoria della sentenza

Berlusconi-Tremonti, c'è la mediazione

"Dai nostri archivi"

Il nuovo "nemico" di Berlusconi

Marcegaglia: no al posto fisso Berlusconi difende Tremonti

Un decreto sulle intercettazioni

"Legge elettorale e poi al voto"

Casini a Berlusconi: "Bene la telefonata a Ballarò, ma restano i problemi"

 

L'Associazione Nazionale Mgaistrati risponde con una nota al premier Silvio Berlusconi, che ieri sera, intervenendo telefonicamente al programma "Ballarò", aveva detto che l'anomalia in Italia non era lui ma "i giudici comunisti".

"Ogni occasione sembra buona per denigrare l'ordine giudiziario - scrivono i giudici dell'Anm - e descrivere i palazzi di giustizia come sezioni di partito, frequentate da magistrati militanti. Nessun ufficio giudiziario merita queste infondate e ridicole definizioni, tanto meno quello di Milano". "Da Milano, e dall'intero Paese, la magistratura ribadisce che intende continuare a vestire solo la toga e a rispondere solo alla legge. In primis alla Costituzione", prosegue il documento che è dedicato alle assemblee di protesta che si terranno domani in tutta Italia.

"L'anomalia italiana non sono io ma i giudici comunisti", aveva detto il premier al telefono ieri sera a Ballarò su RaiTre, commentando la conferma in Appello della condanna all'avvocato Mills. Sull'Irap il taglio ci sarà ma solo quando "i conti lo consentiranno".

Berlusconi è intervenuto a sorpresa, al telefono da Arcore dove è in convalescenza. E, nel giorno della sentenza d'appello del processo Mills (condanna confermata all'avvocato inglese), ha attaccato a tutto campo, i giudici, in primo luogo e in particolare "i pm comunisti che sono la vera opposizione nel nostro Paese". Poi anche il neosegretario del Pd Pier Luigi Bersani: "Con lui è tornato il Pci". Il premier non perdona neppure la tv pubblica e in particolare la trasmissione di Giovanni Floris, che descrive come "il festival della calunnia, della falsità pagato con i soldi dei contribuenti".

Il Cavaliere ha parlato anche della vicenda di Piero Marrazzo e della telefonata con cui ha avvertito l'ormai ex presidente della regione Lazio del video che lo ritraeva in compagnia di un trans: "L'ho lasciato pienamente libero di decidere le scelte da fare: acquistare il documento dall'agenzia che ce l'aveva oppure denunciare l'intera vicenda alla magistratura". Quanto alla Mondadori, alla quale era stato offerto il filmato dello scandalo in cambio di un compenso, Berlusconi ha chiarito che il rifiuto dell'acquisto era già stato fatto prima che lui fosse informato di tutto dalla figlia Marina, "perché la Mondadori non è né Repubblica, né l'Espresso".

"L'anomalia di questo Paese - ha detto Berlusconi - non sono io, ma i giudici comunisti, che da quando sono entrato in politica mi hanno aggredito con innumerevoli ed infondate iniziative giudiziarie. Ma Silvio Berlusconi - ha aggiunto parlando in terza persona - è davvero l'imprenditore più criminale di questo mondo?".

Nel suo lungo intervento telefonico, il premier ha anche contestato con forza tutte le "illazioni" che i mass media avrebbero riferito sul suo viaggio in Russia: "Sono rimasto con Putin solo per un giorno con l'obiettivo di lavorare positivamente al rilancio delle imprese italiane. E sono partito in ritardo solo per la fitta nebbia".

Non è mancato un accenno di Berlusconi alla vicenda Tremonti, incontrato ieri sera ad Arcore: "È stato chiarito un equivoco. La politica del rigore non è stata solo una scelta del ministro dell'Economia, ma di tutto il governo. La politica del rigore va coniugata con le esigenze dello sviluppo". Quanto alla riduzione dell'Irap, "si farà, come prevede il programma di governo, perché insieme al rigore occorre anche aiutare le imprese e le famiglie". Cioè quando? Chiede Giovanni Floris a Berlusconi. "Dipende dalla crisi", risponde il Cavaliere. E quando finirà? chiede Floris. "Nessuno lo sa al mondo", replica Berlusconi.

"Il governo - spiega il premier - ha un programma, che conferma, che prevede la riduzione dell'Irap e il quoziente familiare. Nell'ambito di una politica di rigore, ci vogliono anche le misure per lo sviluppo, le imprese e le famiglie. Entro i tempi che saranno possibili in base alla situazione del conti dello Stato, intendiamo mantenere le promesse del nostro programma che consideriamo impegni sacri con gli elettori".

Insomma, ripete Berlusconi, "stiamo studiando il modo per coniugare rigore e aiuto alle famiglie e alle imprese".

L'intervento di Berlusconi a Ballarò è stato contestato da Rosy Bindi, del Pd, ospite in studio con Pier Ferdinando Casini e i ministri Angelino Alfano e Ignazio La Russa: "Nessun politico al mondo ha la possibilità di intervenire in una trasmissione pubblica per fare affermazioni che non sono convincenti", ha detto la vicepresidente della Camera. "L'unica possibilità che ha di dimostrare che è nella legalita, come ripete, è di farsi processare". La Bindi ha ingaggiato così un nuovo acceso duello con il Cavaliere dopo quello, sempre in diretta tv, avuto qualche settimana fa a Porta a Porta, quando Berlusconi l'aveva definita "più bella che intelligente" e si era sentito rispondere "non sono una donna a sua disposizione".

Aspri anche i botta e risposta tra Berlusconi e Floris, che cercava di interloquire con il presidente del Consiglio. "A proposito, come va la scarlattina?", è stata l'ultima domanda, con il sorriso sulla labbra del conduttore. "Se viene a casa mia sarò felice di attaccargliela...", è stata la replica del Cavaliere. (RiBa)

28 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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